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giovedì 15 agosto 2024

Giorgia pronta a sfidare i Gabbiani: Mollicone pagherà l'ostinazione sulla strage di Bologna


I tempi non sono ancora definiti: c’è chi spinge per settembre e chi per aspettare l’inizio del prossimo anno quando saranno rinnovati i vertici delle commissioni parlamentari a metà legislatura. Ma la premier Giorgia Meloni sembra aver deciso di fare due sostituzioni eccellenti in Fratelli d’Italia: il presidente della commissione Cultura Federico Mollicone e quello della commissione Giustizia Ciro Maschio. [...] entrambe le scelte sarebbero legate a una volontà politica di Palazzo Chigi. Inoltre, la decisione di sostituire Mollicone farebbe scalpore visto che quest’ultimo è un dirigente importante di Fratelli d’Italia (soprattutto a Roma) ed è uno dei pochi rimasti ai “Gabbiani”, la corrente interna del padrino politico di Meloni, Fabio Rampelli (il primo a sinistra nella foto di Dagospia), che viene considerato un “dissidente” rispetto alla premier.

Così Giacomo Salvini sul Fatto Quotidiano di ieri anticipa le prossime mosse di SuperGiorgia. Mollicone pagherebbe l'ostinazione a mettere in discussione la verità definita sulla strage di Bologna, laddove la posizione del premier e del presidente del Senato è di riconoscere che le sentenze giudiziarie fissano la matrice neofascista delle stragi. Un tema che è fonte di attacchi sistematici e implacabili da parte delle vestali antifasciste: l'anno scorso innescò le dimissioni di Marcello De Angelis da portavoce del presidente del Lazio, Rocca. Ciro Maschio pagherebbe invece una certa mollezza,  l'incapacità di tenere a bada le contrapposte spinte di Lega e Forza Italia su un fronte particolarmente sensibile della politica governativa.


Mollicone, la strage di Bologna e il diritto di contestare le sentenze


Alessandro Smerilli
, storico e prezioso collaboratore dei miei blog, mi segnala un intervento puntuale e civile di David Romoli sull'Unità, che ci spiega perché è fondamentale difendere il diritto di critica sulle sentenze. Cita due casi di 'attacchi da sinistra': l'assoluzione di Freda e Ventura per piazza Fontana (e vent'anni dopo anche la Cassazione ha deciso che era una sentenza sbagliata anche se definitiva e immutabile) e la condanna di Adriano Sofri per l'omicidio Calabresi (e 25 anni dopo siamo ancora moltissimi a essere convinti che la sentenza era sbagliatissima).


Strage di Bologna, fuoco incrociato sul gabbiano Mollicone



 Continua il fuoco incrociato sul presidente della commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone, Fratelli d’Italia, accanito sostenitore di una 'verità alternativa' sulla strage alla stazione di Bologna. A nulla è servito il richiamo della "spalla" di Giorgia Meloni, il factotum di palazzo Chigi, Giovanbattista Fazzolari, che ha provato a spiegargli che se parla il leader in un partito gerarchicamente organizzato dopo si tace. A maggior ragione se il capo è anche premier e la questione sta suscitando notevoli imbarazzi politici. 


Mollicone stavolta ha fatto prevalere la parte animale del Sagittario che è e ha caricato ancora, a testa bassa. Al festival della Versiliana, a Marina di Pietrasanta: «Le sentenze si rispettano, ma bisogna avere la possibilità […] di chiedere con un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia se in quello “sciame” di processi siano state rispettate le garanzie di accusa e difesa». Un compito che dovrebbero con più efficacia e pertinenza svolgere i membri laici di Fratelli d'Italia al CSM, se non fossero impegnati in discutibili attività a tutela degli "amici" (vedi caso Natoli).


Mollicone raddrizza un pò tiro: «Io credo che si sia andati un po’ oltre la realtà giudiziaria e, leggendo le motivazioni, si sia arrivati a una riscrittura della storia d’Italia che è ancora non dimostrata e non dimostrabile, perché è una verità storica e non giudiziaria, che prescinde dal processo Bellini e dalla strage di Bologna». Salve facendo le rituali «solidarietà ai parenti delle vittime» e «ricerca della verità che dobbiamo fare da parlamentari e da cittadini».


Eddy Schlein è pronta sulla linea di tiro al piccione: «Mi chiedo che cosa aspetti Meloni a prendere le distanze, a chiarire se è la posizione solo di Mollicone o è anche la sua e del governo. Mi chiedo se sia possibile che una persona che sostiene queste tesi possa essere presidente della commissione cultura della Camera». 


E qui la leader dell'opposizione infila il dito nella piaga. Perché, checché ne dicano le star del giornalismo (ne parleremo più avanti) che si sono divertite a impallinarlo, Mollicone non è un deputato meloniano. Anzi, è uno dei pochi fedelissimi di Rampelli e della comunità dei Gabbiani, in cui sono cresciuti Giorgia, Arianna, Lollobrigida. Colosimo ... Una sua sostituzione finirebbe col far saltare gli equilibri interni al partito romano, il cui congresso si è concluso proprio con un accordo tra Meloni sr. e Rampelli.

Antonio Padellaro, sulle pagine del Fatto Quotidiano, la butta subito in caricatura su il bretellato Mollicone, ego e moschetto. 


Nella figura di Federico Mollicone (adeguatamente scolpita in Rete) colpiscono le bretelle, coordinate con lo sguardo determinato e indicative di una personalità che nulla lascia al caso e meno che mai al sostegno dei pantaloni agganciati tramite fibbie. La molliconeide cita numerosi riconoscimenti e gemellaggi di carattere carnevalesco (con le sfilate di Fano e Viareggio) ma non i due momenti più alti della sua "vocazione sociale": la vigorosa polemica anti-gender contro Peppa Pig, cartone animato in cui era presente una famiglia omogenitoriale di orsi polari; la virile reazione a pugni e calci (in combutta con un leghista) contro un deputato grillino reo di avere sbandierato il tricolore nell'emiciclo di Montecitorio.


Ma poi finisce con un colpo perfido di fioretto, sbeffeggiandolo proprio sul clamoroso errore politico commesso: 


Ci occupiamo di Mollicone perché a lui si deve il più insidioso e rovinoso assalto alla narrazione sulle trame fasciste faticosamente elaborata da Giorgia Meloni e dal presidente del Senato Ignazio La Russa. Infatti, nel sostenere che le sentenze sulle bombe nere "sono un teorema contro la destra", Federico Ego e Moschetto ha sostenuto le ragioni dell'antifascismo con una efficacia che la sinistra si sogna.


Giovanna Vitale sulle pagine di “la Repubblica” ci spiega invece come Mollicone sia riuscito a mettere in difficoltà anche il mitissimo leader di Forza Italia, che pure aveva provato a disinnescare la mina.


Non commentare. Lasciar cadere «la sparata identitaria» di Federico Mollicone, evitando di alimentare un dibattito «che schiaccia ancora una volta la coalizione a destra». Ha dato a tutti la consegna del silenzio, Antonio Tajani. Deciso a non aprire un nuovo fronte nella maggioranza, già impelagata in una serie di beghe da cui fatica a uscire. Ma la scelta del segretario forzista di chiudere in fretta il caso, silenziando le polemiche interne, non riesce tuttavia a contenere il fastidio che tracima dalle fila azzurre.


  A scendere giù duro è  Giorgio Mulè, l’unico a sottrarsi alla consegna del silenzio. Il vicepresidente della Camera è il falco degli "azzurri contro Giorgia". Appena ieri aveva attaccato sul caso Khalif: «Il nostro problema è culturale. È quello di voler rifare i processi alla storia e di non accettare mai le verità storiche. Anche quando sono verità giudiziarie acclarate da sentenze definitive», taglia corto l’ex direttore di Panorama. «Quello di Bologna è uno dei casi in cui c’è poco da discutere: ci sono delle responsabilità definite e sono quelle che sono state sancite dalla magistratura. Su questo, nessun revisionismo è tollerabile».


Fatta salva la faccia e la pace di Giorgia: «Il governo non ha responsabilità » e neppure «è giusto attribuire eredità a partiti come quello di Meloni». Da quel drammatico 2 agosto «sono passati 44 anni, è un altro mondo». Per cui «chiederle un’abiura rispetto a una tragedia a cui lei e i suoi sono totalmente estranei è una forzatura che non giova alla democrazia», conclude il deputato azzurro.


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