Tutto è surreale. Uno dice che un’altra è indagata e parte il dibattito. Ma il traffico di influenza nella nuova formulazione presuppone una dazione di denaro. Quindi il summit sulle nomine non c’entra. Non basta mostrarsi influenti, ci devono essere i soldi. E nell’interrogazione parlamentare non se ne parla. Ed è vero che si apre un’indagine anche su notizie di stampa ma nell’interrogazione la notizia dei soldi non c’è. Nessun pm può avere aperto su questi presupposti .
Non è la prima volta, negli ultimi tempi, che rimango stupito delle parole di Di Pietro. Pur evitando ogni commento sul merito della presunta questione Arianna Meloni, trovo davvero fuorviante che un ex magistrato, anche lui in passato oggetto del complottismo dilagante, parli oggi di possibili interventi di servizi segreti, dica cose fuori luogo sul giornalismo di inchiesta, affermi che non può dare garanzie su tutti i magistrati, sostenga che il pm non avrebbe come prima azione la ricerca della verità e sembra manifestare un certo favore per le riforme Nordio.
(AGI) - "Solidarietà ad Arianna Meloni, è finita nel tritacarne mediatico-giudiziario proprio come me". Antonio Di Pietro lo dice in un'intervista a Libero e aggiunge: "Arianna Meloni va giudicata per quel che è lei, non perché è la sorella del presidente del Consiglio. Viene messa nell'occhio del ciclone per arrivare a Giorgia Meloni ed è una criminalizzazione ingiustificata. Stabilito questo principio. Arianna Meloni è un dirigente di partito. Non so se abbia partecipato o meno a nomine, ma io chiedo: perché mai un dirigente non dovrebbe partecipare a scelte di cui deve farsi carico il suo partito? Le nomine istituzionali sono sempre state fatte su base partitica. Arianna Meloni dovrebbe essere giudicata per la sua scelta, non in quanto sorella". Secondo Di Pietro, "ad indagare potrebbe non essere la magistratura, ma qualche altra entita' come spezzoni dei servizi segreti, come e' capitato a me".
(Open.it) Nel suo commento del giorno sul Fatto quotidiano in cui irride «l’autocomplotto» estivo di Palazzo Chigi, in modo del tutto inatteso Marco Travaglio difende le sorelle Meloni. Sia Arianna, che anche avesse partecipato alla riunione sulle nomine nella sede del governo, non rischierebbe nulla con i giudici perché non pare che «il traffico d’influenze, appena svuotato da Nordio, possa essere affibbiato a una dirigente di partito che fa ciò che fanno tutti da sempre e non risulta che riceva in cambio soldi o altre utilità ». Ma Travaglio prende le parti soprattutto della Meloni, che addirittura paragona a Giuseppe Conte, il leader politico indubbiamente più amato dal direttore del Fatto Quotidiano.
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