Tra i miei amici di destra ha destato perplessità questo post sul flop elettorale di Fratelli d'Italia, con particolare riguardo alla Campania dove si è dimezzato il divario abissale tra coalizioni rispetto al 2020 e il partito ha guadagnato molto sulle precedenti regionali (ma perso altrettanto su politiche ed europee) Così ho deciso di riprendere tre post di facebook che confermano la mia tesi. Uno è di Carlo Tarallo, una firma politica di punta di "La Verità", l'altra di Luigi Mercogliano, storico attivista della destra sociale, candidato sindaco a Napoli nel 2016 per il Popolo della Famiglia. Il terzo è una lettera semiaperta a Edmondo Cirielli da parte di Pietro Diodato, storico dirigente della destra napoletana.
Carlo Tarallo
La Campania è contendibile se non ti fissi sul gozzo
Luigi Mercogliano
Con Fico ha vinto il meno peggio
Qualche considerazione sulle elezioni regionali campane e sugli effetti che potrebbero avere sulle elezioni comunali di Napoli della primavera del 2027 e sulle politiche che si terranno nello stesso anno.
In questa campagna elettorale, a parte un iniziale giudizio espresso sui due candidati che potete ritrovare sulla mia bacheca, non ho detto molto. Di contro, ho letto davvero di tutto: frasi trionfanti e post di giubilo con espressioni del tipo "vinceremo", "andiamo a vincere", "La Remuntada", "manca poco al sorpasso" e via discorrendo con sciocchezze da bar dello sport sono state un appuntamento quotidiano qui sui social da parte di tanti amici, candidati e non, con il centrodestra.
La verità è che la politica, nonostante voi l'abbiate resa una pagliacciata da Tik Tok, resta una cosa seria. Lo resta, nonostante l'abbiate trasformata in una gara a chi prende più voti e a chi appare di più e meglio sui social. Perché, una volta finite le vostre inqualificabili pagliacciate, quelli che nonostante l'astensione ai massimi storici sono eletti nelle varie assemblee locali e nazionali decidono poi per tutti noi. E allora quei pochi che ancora vanno a votare - in Campania si sono recati alle urne quattro cittadini su dieci - o votano perché facenti parte di un apparato clientelare (e sono ahimè la maggioranza), oppure votano in base a quello che vedono e che sentono in campagna elettorale, scegliendo il più delle volte il meno peggio.
Si, il meno peggio. Perché Fico e il suo raccogliticcio "campo largo" tra i due schieramenti, al netto del voto degli apparati, era di fatto il meno peggio. E sapete perché, nonostante un evidente divario culturale e politico incolmabile tra lui e Cirielli, alla fine Fico dai pochi elettori non di apparato è stato giudicato il meno peggio? Perché Fico ha fatto una campagna elettorale sobria e per quel poco che si è sentito ha espresso proposte. Magari sbagliate, magari non idonee alla risoluzione dei problemi. Ma l'ha fatto dicendo la sua con pacatezza e senza demagogia.
Dall'altra parte, invece, cosa c'è stato? Proposta zero. Salvo la demagogia dei cento euro di aumento al mese per i pensionati - del tutto fuori dal mondo dal momento che la materia previdenziale è accentrata nelle mani del legislatore centrale - e quella del condono edilizio a nove giorni dal voto, in una regione come la Campania dove il vincolo paesaggistico è praticamente ovunque e la speculazione fatta negli anni riguarda in minima parte la vera emergenza abitativa, mentre il grosso delle costruzioni abusive riguarda grandi speculazioni edilizie realizzate ovunque per mero profitto da gruppi imprenditoriali per la maggiore legati al malaffare, in molti casi conniventi addirittura con il sostrato politico amministrativo regionale.
Da par suo, per tutta la campagna elettorale Cirielli e i suoi - in particolar modo Fratelli d'Italia - hanno battuto continuamente sulla questione del gozzo di Fico e sulla vecchia storia della colf assunta senza che le fossero stati versati i contributi per il lavoro domestico. E, come se non bastasse, nell'evento conclusivo della campagna elettorale al quale hanno preso parte i leader nazionali per chiudere la "Remuntada" di Cirielli su Fico e sul centro sinistra, il centrodestra ha dato il meglio di sé esprimendo tutta l'inconsistenza di una proposta politica assente e vuota di contenuti seri mandando in scena quello squallido teatrino con i leader nazionali che assieme al candidato presidente saltellavano sul coro intonato dalla platea "chi non salta comunista è", mortificando in un sol colpo in questo modo tutta la storia politica del centrodestra dal 1994 in poi e in particolare quella di Alleanza Nazionale e del MSI ancora prima fatta di programmi, proposte e idee che viaggiavano sulle spalle di giganti come Almirante Parlato Rastrelli Manna Florino Mazzone e tanti tanti altri, che a volerli ricordare tutti non basterebbe lo spazio ristretto di un post sui social.
E voi così volevate vincere la Presidenza della Regione Campania, con questi uomini indegni, queste proposte irrealizzabili e questa teatralità che offende e mortifica la storia della Destra napoletana? Il nulla impastato col niente, questo siete. E per questo avete meritato la sconfitta.
Ciò detto, una riflessione seria va fatta anche a sinistra, perché "se Atene piange, Sparta non ride". (...)
Pietro Diodato
Lettera semiaperta a Edmondo Cirielli
Caro Edmondo,
è ancora fresca la ferita del risultato elettorale poco lusinghiero ma, credo, già in grado di essere oggetto di analisi, sia nella sua genesi che nelle sue conseguenze politiche.
Fattori che possono esserti cuciti addosso come un abito su misura. Perché inscindibilmente ed esclusivamente legati alla tua figura politica.
La sua genesi sta nel totale abbandono della Campania da parte di questo governo e, volendo andare a ritroso, dal tuo partito. Partito, però, che in Campania si identifica con la tua persona.
Dico tuo partito, in quanto una "destra" nella quale non mi riconosco, pur avendone fatti votare alcuni, a queste regionali, per antica amicizia e militanza.
Un partito che viaggia, ormai, verso le sponde del partito popolare europeo, abbandonando sia la visione nazionale, che quella conservatrice.
Non più quella "Destra Divina", per citarne una, di "Saluto e Augurio", dove Pasolini esorta il fascista a difendere la propria terra e cultura, amare i poveri e la diversità, e a portare l'intimità con il re nel sonno.
Viceversa, una "destra" che ha commissariato Dio, sta svendendo la Patria alla finanza mondiale (americana), ma dove, in compenso ha grande spazio la "famiglia".
In tutti i sensi ed a tutti i livelli!
Ripeto, partito che in Campania sei tu, sia nei pregi (pochi), che nei difetti (tanti).
E certamente anche per volere nazionale.
Analisi, dico breve, perché poco o nulla, degno di nota, è accaduto in questo decennio di regno a guida salernitana.
Le uniche vicende che hanno caratterizzato questo periodo sono state la "decimazione" (gergo militare a te familiare) di una intera classe dirigente proveniente dal MSI e da AN, l'impoverimento della stessa, l'assenza di una qualsivoglia proposta politica. Primo perché indisponibile a riconoscere la "superiorità salernitana", secondo abituata al confronto interno, terzo di grande spessore ideale, sociale e culturale.
E come si può non pensare a Pasquale Viespoli, a Mario Landolfi, a Franco
D'Ercole, a Salvatore Ronghi e a tanti altri che non cito, da un lato perché sono troppi, dall'altro perché farei un torto a quanti sicuramente dimenticherei.
Volendo usare una metafora (ma non troppo), poderi che producevano coltivazioni ricche convertiti, tranne casi rari, a "cucuzzielli" ed affidati a mezzadri maldestri.
E tutto ciò per fare spazio a famuli senza arte né parte, ma disponibili a fare da grancassa al capo ed ai suoi sottoposti. In molte occasioni rivelatisi imbarazzanti per certe uscite pubbliche.
Ed ometto altro per carità di Patria!
Ecco il contesto nel quale è maturata la sconfitta e, soprattutto, la consapevolezza che la traversata sarà ancora lunga per governare la Campania ed i suoi comuni.
Ma questa cosa non riguarda certamente te ed i tanti parlamentari che hanno vinto la lotteria senza giocare il biglietto, come dice un mio caro amico.
Per cui io non mi accodo a quanti desiderano ringraziarti per il "sacrificio".
Avendo tu fatto di tutto per evitare un qualunque candidato (e si contavano sulle dita della mano) che potesse mettere in ombra la tua leadership in Campania, non solo nell'ambito del tuo partito, ma anche del centrodestra, era giusto che chiedessero a te di metterci la faccia.
Alla fine hai raccolto ciò che hai seminato.
In Fratelli d'Italia domina ancora la logica tribale
Alessandro De Angelis per la Stampa - Estratti
Prima foto, la Campania. Dice tutto il dieci per cento di FdI su Napoli. Lì il coordinatore cittadino è Marco Nonno, "camerata di sicura fede", si sarebbe detto una volta: saluti romani, torta di compleanno con la Buonanima, due anni di condanna per resistenza a pubblico ufficiale per i disordini di Pianura. Neanche viene eletto. (...)
giorgia meloni - foto lapresse
A proposito: una parola su Edmondo Cirielli. Si è imposto a gomitate, perché si considera il padre padrone del partito laggiù. Insomma, «non gli si poteva dire di no» per vincolo di appartenenza. E patatrac ovunque (...)
Seconda foto, la Puglia.
Terra che, storicamente, è sempre stata a cuore alla destra, fino a Giorgia Meloni che l'ha scelta come meta preferita delle vacanze. Anche qui, dice tutto il dieci per cento su Bari. Come predicava il vecchio Pinuccio Tatarella, se non vinci a Bari, ciao Puglia. Da quelle parti è stato eletto un solo consigliere uscente, Tommaso Scatigna, peraltro di Locorotondo. Mica male, perché di Bari è il plenipotenziario di FdI Marcello Gemmato, farmacista, padre almirantiano, uno che scommette su Giorgia dai tempi di Colle Oppio, un altro a cui «non si può dire di no».
giorgia meloni comizio a napoli per cirielli 2199854
(...) Senza il Salento sarebbe stato ancora peggio. Lì FdI ha superato il Pd col 26. Ma grazie a Raffaele Fitto, che ha sempre un suo peso nonostante ormai si occupi di Europa e sia stato estromesso dalla gestione del partito. La faida interna, su queste premesse, è annunciata.
Terza foto, il Veneto. Caso di scuola, che riassume il tutto. Lo scorso anno, con Giorgia Meloni capolista, il partito prese il 38. Ora contro Zaia, si riscende dalle stelle: metà dei voti della Lega, come numero di consiglieri uno in meno del Pd, che è il primo partito su Venezia città dove si vota la prossima primavera. I dioscuri sono Luca De Carlo, segretario regionale (filiera Lollobrigida) e Raffaele Speranzon, vicepresidente del gruppo al Senato.
giorgia meloni - foto lapresse
Vedrete ora come si ballerà sulla giunta: forti del risultato delle Europee, i Fratelli avevano ceduto la presidenza in cambio di sei assessori su nove. Con questi numeri, diventa complicato.
Beh, la storia vale un trattato di politologia. Giorgia Meloni è l'ultima figlia del partito novecentesco, sezioni e militanza, dalle giovanili all'assalto al cielo. Ops, ora proprio sul terreno del partito scivola a terra.
Com'è possibile che, dopo tre anni di governo, peraltro tutto sommato senza intoppi, la premier non trovi figure che diano il senso di una novità e di una classe dirigente competitiva? Il primo partito del Paese non guida nemmeno una sola grande regione del Sud o del Nord (solo Marche e Abruzzo, con tutto il rispetto) [anche il Lazio, direi, n.d.b] .
EDMONDO CIRIELLI - GIORGIA MELONI
Non governa nessuna grande città. E già si intravedono i problemi su Roma – non è un mistero la chiacchiera sulla candidatura di Arianna e non è un mistero che stavolta Fabio Rampelli si impunterà – e Milano, dove «non si può dire di no» a La Russa. Ecco, solo se Giorgia Meloni riesce a imprimere al voto una torsione politica nazionale il quadro regge, sennò, sui territori, è un disastro.
La risposta è semplice: perché le figure nuove non le cerca, anche se, fuori da Colle Oppio ci sono mondi tutt'altro che ostili. Così come il Pd non spezza il meccanismo delle correnti (croce e delizia) lei non spezza quello del clan, per cui al dunque prevale sempre il vincolo di fedeltà e militanza. Si dice: lei funziona, il limite è la classe dirigente.
In verità il limite a monte è la mentalità da cui non riesce a liberarsi. Quel «non si può dire di no», fa presa sulla sua cultura politica: la contaminazione come minaccia e tradimento, la politica come rivincita minoritaria di un mondo e non come costruzione maggioritaria. Un'ultima considerazione.
È vivamente sconsigliato il paragone con Silvio Berlusconi, sia come capacità di costruire squadre che come quid. Una volta, riuscì a vincere nel Lazio anche senza la lista del Pdl, che non fu ammessa a causa di un pasticcio. Valeva oltre il 30 per cento…
Il gran flop di Fratelli d'Italia alle Regionali
IL PARTITO DELLA MELONI È STATO DOPPIATO DALLA LEGA IN VENETO, STRACCIATO DAL CAMPO LARGO IN CAMPANIA E PERDE CONSENSI RISPETTO ALLE EUROPEE – ORA I CAMERATI TEMONO DI DOVER RIMETTERE IN DISCUSSIONE IL PATTO SULLA LOMBARDIA, PRENOTATA DA GIORGIA MELONI IN CAMBIO DELLA CANDIDATURA DEL LEGHISTA STEFANI IN VENETO – IN CAMPANIA NON SONO SERVITI A NIENTE GLI INVESTIMENTI (CAIVANO E ZES), I CONDONI, I BLITZ DI ARIANNA MELONI, LA POLEMICA SUL “GOZZO” DI ROBERTO FICO E MEN CHE MENO LA CANDIDATURA A CAPOLISTA DI GENNARO SANGIULIANO…
giorgia meloni punto stampa al g20
Estratto dell’articolo di Lorenzo De Cicco per “la Repubblica”
La notte luandese è più cupa del previsto per Giorgia Meloni. Dall’Angola, dove partecipa a un vertice dell’Unione africana, la premier deve fronteggiare le proporzioni di una sconfitta alle regionali sì annunciata, ma non nei termini che lo spoglio via via racconta.
Il Carroccio in Veneto doppia i suoi Fratelli (giù al 18,6%, quasi la metà rispetto ad Europee e Politiche) e già rimette in discussione il patto sulla Lombardia, prenotata da FdI.
In Campania lo scarto con i giallorossi è monstre, 25 punti, la lista della fiamma arranca poco sopra al 10% e per tutta la sera rischia il sorpasso di FI, «per noi un risultato lusinghiero», gongola Antonio Tajani.
Qui l’amarezza dei meloniani è commisurata agli sforzi profusi: gli investimenti da Caivano alla Zes, il condono elettorale, i blitz di Arianna Meloni, la contrapposizione con il governatore uscente, Vincenzo De Luca, e la campagna sul “gozzo” del suo successore, Roberto Fico.
marcello gemmato giorgia meloni
E la Puglia? Nella terra di Marcello Gemmato, dove la premier trascorre le estati, per FdI il confronto con Politiche ed Europee è spiacevole (23,6% e 27% contro il 18,5% di ieri). Va meglio rispetto alle regionali del 2020 (12,6), che però è un’era politica fa.
Dall’Africa, la premier sente lo stato maggiore del partito, riunito a via della Scrofa, da Arianna a Giovanni Donzelli. La narrazione da far trapelare fuori è che mettendo nel computo tutte le regioni al voto in autunno è finita «3-3». Ma dentro la preoccupazione serpeggia. Anche in vista del referendum sulla giustizia. Formalmente, Meloni liquida la pratica su X: foto con il neo-governatore del Veneto, Alberto Stefani. La parola sconfitta non c’è. Né un rimando alla Lega. Il successo del delfino di Matteo Salvini è «una vittoria della coalizione».
Il vero timore di FdI è che il patto sulla Lombardia — motivo per cui i Fratelli hanno lasciato il Veneto ai leghisti — venga ridiscusso. Salvini davanti i microfoni, a Padova, dice e non dice. «Se gli alleati avranno proposte valide le ascolteremo, siamo una coalizione».
Però a domanda secca sul Pirellone fa il vago: «Mancano due anni, chi vivrà vedrà. La Lega in Lombardia può raggiungere lo stesso risultato del Veneto». E il centrodestra? «Momento complicato».
massimiliano romeo matteo salvini
I colonnelli del segretario sono più diretti. Massimiliano Romeo, numero uno della Lega Lombarda e capogruppo in Senato, dice così: «Queste elezioni confermano che le regionali sono tutta un’altra partita. E al Nord c’è la Lega».
[….] Il risultato del Veneto è quello più bruciante. FdI puntava alla prima piazza. Donzelli pronosticava solo qualche giorno fa un 25 a 20 sulla Lega. Invece FdI è lontanissima, tallonata dal Pd. Anche in Campania la corsa di Cirielli era sì complicata, iniziata tardi, dopo le bizze con FI che gli avrebbe preferito un civico. Ma lo scarto è extralarge. Mentre Meloni parlava di una regione «contendibile», anche nelle chat private con i ministri, invitati a non risparmiarsi per la remuntada. Gli azzurri già punzecchiano: «In Campania contavamo di avere un risultato migliore», parola di Maurizio Gasparri.
FONTE: Dagospia









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